Discussione:
La perpetua Verginità di Maria......
(troppo vecchio per rispondere)
Dario
2005-03-01 00:41:54 UTC
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Fatemi sapere se ci sono parti poco chiare (non dovrebbero), ma copiare e
riscrivere vari parti di alcuni libri non è mai cosa agevole, soprattutto ad
ora tarda.............



· Maria fu vergine prima, durante e dopo il parto. De
fide.

Il Concilio Lateranense del 649, presieduto da Papa Martino I, pone in
risalto i tre momenti della verginità di Maria, insegnando che "la santa
Madre di Dio sempre vergine immacolata Maria... ha concepito senza, seme per
opera dello Spirito Santo e ha partorito senza corruzione, permanendo
indissolubile anche dopo parto la sua verginità" (D. 256 [DS. 503]). Paolo
IV dichiarò (1555): Beatissimam Virginem Mariam... pestitisse semper in
virginitatis integritate, ante partum scilicet, in partu et perpetuo post
partum (D. 993 [DS 1880]).
La verginità di Maria comprende la "virginitas mentis" cioè il costante
proposito della verginità, la "virginitas sensus" cioè l'immunità dagli
impulsi disordinati della concupiscenza sessuale, e la "virginitas corporis"
cioè l'integrità fisica. Il dogma della Chiesa si riferisce in primo luogo
all'integrità fisica.



l. Verginità prima del parto.
· Maria concepì senza cooperazione di uomo per virtù dello Spirito Santo.
De fide.

Avversari della concezione verginale furono nell'antichità i giudei ed i
pagani (Celso, Giuliano l'Apostata), Cerinto e gli ebioniti, nell'epoca
moderna i razionalisti, i quali cercano di far derivare la fede nella
verginità della concezione o dal passo di Is. 7, 14 o dalla mitologia
pagana.

La fede della Chiesa nella concezione verginale (attiva) di Maria è espressa
in tutti i simboli della fede. Quello apostolico professa: Qui conceptus est
de Spiritu Sancto. Cfr. D. 86, 256, 993 (DS. 150, 503, 1880).

Che Maria, fino al momento della concezione attiva, sia stata vergine è
attestato da Lc. 1, 26-27: "L'angelo Gabriele fu da Dio mandato... a una
vergine... e la vergine si chiamava Maria".
La concezione verginale fu già predetta nel Vecchio Testamento da Isaia
nelle sue celebri profezie dell'Emmanuele (Is. 7, 14): "Ebbene il Signore
stesso vi darà un segno. Ecco la vergine che concepisce e partorisce un
Figlio, e gli porrà nome Emmanuele (= Dio con noi)".

Il giudaismo non ha inteso il passo in senso messianico. Il cristianesimo
sin dall'inizio lo ha invece riferito a Cristo, poichè vide che il segno era
compiuto. Cfr. Mt. 1, 22. Poichè l'Emmanuele, secondo quanto dice in seguito
il profeta (Is. 9 ss.), è il Messia, è chiaro che per 'alma non si può
intendere né la moglie del re Achaz; né quella dello stesso profeta, ma la
madre del Messia. L'obbiezione mossa da parte ebraica che i Settanta
avrebbero reso male 'alma con "la vergine", invece di "la ragazza, la
donzella" (così Aquila, Teodozione, Simmaco), non è giustificata poiché quel
termine nell'uso biblico designa la ragazza da marito, ancora vergine. Cfr.
Gen. 24, 43 con Gen. 24, 16; Es. 2, 8; Sal. 67, 26; Cant. 1, 2 (M. 1, 3); 6,
7 (M. 6, 8). Inoltre il contesto parla di segno, cioè di carattere
miracoloso della nascita del Messia; ma di prodigio in quest'annunzio di una
concezione e nascita non ci può essere se non ch'esse, avvengono senza
scapito della verginità della Madre.

Matteo 1, 18 ss. e Luca 1, 26 ss. narrano il compimento della profezia di
Isaia. Mt. 1, 18: "La madre di lui, Maria, essendo fidanzata a Giuseppe,
prima, che venissero a stare insieme, si trovò incinta per virtù dello
Spirito Santo". Lc. 1, 34-35: "Disse Maria all'angelo: Come avverrà questo,
poichè io non conosco: uomo? E l'angelo le rispose: Lo Spirito Santo verrà
sopra di te, e la potenza dell'Altissimo ti ricoprirà". Poiché Maria visse
in legittimo matrimonio con Giuseppe, questi era il padre legale di Gesù.
Lc. 3, 23: "Il figlio, come si credeva, di Giuseppe". Cfr. Lc. 2, 23. 48.

Le obiezioni della critica razionalistica contro l'autenticità di Lc. 1,
34-35 derivano esclusivamente dal pregiudizio filosofico della impossibilità
del soprannaturale. La forma del tutto isolata che la versione siriaca
sinaitica ci dà di Mt. 1, 16: "Giacobbe generò Giuseppe; Giuseppe cui era
fidanzata la Vergine Maria, generò Gesù", non può, per mancanza di
testimonianze, esser ritenuta come primitiva. A quanto pare l'antico
traduttore siriaco intese la paternità di Giuseppe nel senso legale, non
naturale, poiché in seguito (I, 18 ss.) in perfetta armonia con tutte le
altre testimonianze testuali, narra la concezione verginale ad opera dello
Spirito Santo. La singolare versione sarebbe nata dal fatto che il
traduttore notando che "generò" nella genealogia è sempre attribuita
all'uomo, continuò sino alla fine la prima formulazione, stimando che
l'inciso "cui era fidanzata la Vergine Maria" manifestasse abbastanza il suo
pensiero. Il testo che servì traduttore conteneva la seconda forma di Mt. 1,
16 testimoniata da numerosi testi principalmente occidentali, che così
risulta: "Giacobbe generò Giuseppe, cui (era) fidanzata Maria Vergine (la
quale) generò Gesù detto il Cristo".

I Padri attestano in pieno accordo la concezione verginale di Maria. Cfr.
IGNAZIO di ANTIOCHIA, Smirn. I, I: "Nato realmente da una vergine"; Trall.
9, 1; Ef. 7, 2; 18, 2; 19, i. Essi difendono, a cominciare da Giustino, il
significato messianico di Is. 7, 14 e fanno osservare che le parole vanno
intese nel senso che la Madre dell'Emmanuele concepisse e partorisse come
vergine (in sensu composito, non in sensu diviso). Cfr. GIUSTINO, Dial. 43;
66-68; Apol. 1, 33; IRENEO, Adv. haer. 111, 21; ORIGENE, Contra Celsum 1,
34-35; S. th. 111, 28, 1.



2. Verginità durante il parto.
Maria partorì senza lesione della sua integrità verginale. De fide.

La verginità di Maria nel parto fu negata nell'antichità da TERTULLIANO (De
carne Christi 23) e particolarmente da GIOVINIANO, avversario dell'ideale
cristiano della verginità, e nel tempo moderno dal razionalismo. A. Harnack,
ad es., ritiene che sia un'invenzione dello gnosticismo.

La dottrina di Gioviniano (Virgo concepit, sed non virgo generavit) fu
respinta in un sinodo di Milano (390) presieduto da SANT'AMBROGIO (cfr. Ep.
42), in cui si fece appello al simbolo apostolico: natus ex Maria virgine.
La verginità nel parto è inclusa nel titolo onorifico di "sempre vergine" è
espressamente insegnata da Papa LEONE I nell'Epistola dogmatica ad Flavianum
(Ep. 28, 2), dal Concilio Lateranense del 649 e da Papa Paolo IV nel 1555
(D. 256, 993 [DS. 503, 1880]). Nell'Enciclica Mystici corporis PIO XII
scrive: "Lei con un parto ammirabile dette alla luce Cristo Signore"
(mirando partu edidit; l. C., P. 247).

La fede generale della Chiesa risulta anche dalla liturgia. Cfr. il Prefazio
delle feste della Madonna (virginitatis gloria permanente) ed i responsori
della 5a lezione della festa del Natale (cuius viscera intacta permanent) e
della 8a lezione della festa della Circoncisione (peperit sine dolore).
Is. 7, 14 annuncia che la vergine (come vergine) partorirà. Al parto
verginale i Padri riferiscono in senso tipico anche le parole del profeta
Ezechiele sulla porta chiusa (Ez. 44, 2; cfr. AMBROGIO, Ep. 42, 6; GEROLAMO,
EP. 49, 21), quelle del profeta Isaia sul parto senza dolori (Is. 66, 7;
cfr. IRENEO, Epid. 54; GIOVANNI DI DAMASCO, De fide orth. IV, 14) e quelle
del Cantico dei Cantici sul giardino chiuso e della fonte sigillata (4, 12;
cfr. GEROLAMO, Adv. Iov. 1, 31; EP. 49, 21).
IGNAZIO DI ANTIOCHIA definisce non solo la verginità di Maria ma anche il
suo parto come "un mistero strepitoso" (Ef. 19, 1). La nascita verginale di
Cristo è attestata con certezza da scritti apocrifi del II secolo (Odi di
Salomone 19, 7 SS.; Protovangelo di Giacomo 19-2o; Ascensione di Isaia 11, 7
ss.) e da scrittori della Chiesa, come IRENEO (Epid. 54; Adv. haer. III, 21,
4-6). CLEMENTE ALESSANDRINO (Strom. VII, 16, 93), ORIGENE (In Lev. hom. 8,
2; diversamente In Luc. hom. 14). Contro Gioviniano la dottrina tradizionale
della Chiesa fu difesa da S. AMBROGIO (Ep. 42, 4-7), da S. GEROLAMO (Adv.
Iovinian. 1 31; Ep. 49, 21) e da S. AGOSTINO (Enchir. 34). Per illustrare il
mistero i Padri, e con loro i teologi, si servono di diverse analogie:
l'uscita di Cristo dal sepolcro sigillato, il suo passaggio attraverso le
porte chiuse, la penetrazione dei raggi solari attraverso il vetro, la
nascita del Logos dal seno del Padre, la nascita del pensiero umano
dall'intelletto.

Il dogma afferma che l'integrità fisica di Maria non fu lesa all'atto dei
parto. Come nel concepire, così anche nel partorire la sua integrità
verginale rimase intatta. Il modo in cui partorì ebbe quindi un carattere
straordinario. La spiegazione precisa, in che consista sotto l'aspetto
fisiologico l'integrità verginale nel parto, non rientra nella fede della
Chiesa. Tuttavia, in base alle dichiarazioni del magistero ecclesiastico ed
in base alle testimonianze della tradizione si deve ritenere che la
verginità nel parto è diversa dalla verginità nel concepimento, cui si
aggiunge come un nuovo elemento.
La spiegazione teologica mette l'integrità fisica nel parto in rapporto con
l'immunità dalla concupiscenza, la quale aveva come conseguenza un singolare
dominio delle forze spirituali sugli organi e processi fisici. Ne risulta
che Maria, nel partorire Gesù, si comportò in modo del tutto attivo, come
indica anche la Scrittura (Lc. 2, 7). In tal modo si può spiegare la
mancanza del dolore fisico e soprattutto di moti sessuali. L'integrità
fisica è l'elemento materiale della verginità nel parto, mentre la mancanza
di moti sessuali è l'elemento formale.



3. Verginità dopo il parto.
Maria visse vergine anche dopo la nascita di Gesù. De fide.

Quest'aspetto della verginità di Maria fu negato in antico da Tertulliano
(De monog. 8), Eunomio, Gioviniano, Elvidio, Bonoso di Sardica e dagli
Antidicomarianiti. Al presente viene contestato dalla maggior parte dei
protestanti, sia liberali sia conservatori.

Papa Siricio (392) respinse la dottrina di Bonoso (D. 91). Il V Concilio
ecumenico di Costantinopoli (553) attribuisce a Maria il titolo onorifico di
"sempre vergine" D. 214, 218, 227 [DS 422, 427, 437]). Cfr. le dichiarazioni
del Concilio Lateranense del 649 e di Paolo IV (D. 256, 993 [DS- 503,
1880]). Anche la liturgia celebra Maria "sempre vergine". Cfr. la preghiera
Communicantes nel canone della Messa. La Chiesa prega: post partum, Virgo,
inviolata permansisti.
La Scrittura attesta solo indirettamente la verginità di Maria dopo il
parto. Il fatto che il Salvatore morente affidi sua madre alla protezione di
Giovanni (Gv. 19, 26: "Donna, ecco tuo figlio"), presuppone che Maria non
avesse altri figli oltre Gesù. Cfr. ORIGENE, in Ioan. 1, 4 (6), 23.
L'interpretazione tradizionale di Lc. 1, 34, dalla risposta di Maria: "Come
avverrà questo, poichè io non conosco uomo?" arguisce il suo proposito di
verginità perpetua, fatta per una particolare illuminazione divina. Agostino
suppone, persino un voto formale di verginità. Secondo una moderna
interpretazione Maria, che concepiva il matrimonio e la maternità alla luce
del Vecchio Testamento, contrasse matrimonio con un'intenzione normale.
Quando l'angelo le annunziò il concepimento come un fatto imminente, obiettò
che ciò non era possibile, perché, prima di essere accolta in casa del
marito, non aveva con esso rapporti coniugali.
Per coloro che la Scrittura chiama parecchie volte "fratelli di Gesù", mai
però "figli di Maria", si devono intendere parenti prossimi di Gesù. Cfr.
Mt. 13, 55 con Mt. 27, 56, Gv. 19, 25 e Gal. 1, 19. Dal passo Lc. 2, 7: "E
diede alla luce il suo figlio primogenito" (cfr. Mt. 1, 25 sec. la Volgata)
non si può inferire che Maria dopo Cristo abbia dato alla luce altri figli,
poichè nel giudaismo anche il figlio unico e designato con il nome di
primogenito. Un epitaffio giudaico scoperto ultimamente in Egitto chiama
primogenito il figlio d'una donna morta al suo primo parto. Il titolo di
primogenito portava con sè particolari diritti e doveri. Cfr. Ebr. 1, 6,
dove l'unico figlio di Dio viene detto primogenito. I passi Mt. 1, 18:
"prima che venissero a stare insieme" e Mt. 1, 25, "egli non la conobbe
finchè non ebbe partorito un figlio" non significano che Giuseppe l'abbia
conosciuta in seguito, ma solo che nessun rapporto coniugale intervenne tra
lui Maria prima del parto. Meglio quindi tradurre Mt. 1, 25 così: " senza
che egli la conoscesse, ella partorì un figlio". Cfr. Gen. 8, 7; 2 Sam. 6,
23; Mt. 28, 20.

Tra i Padri emergono come difensori della verginità Maria dopo il parto
ORIGENE (In Lc. hom. 7), AMBROGIO (De inst. virg. et S. Mariae virginitate
perpetua), GEROLAMO (De perpetua virginitate B. Mariae adv. Helvidium),
AGOSTINO (De haeresibus 56, 84), EPIFANIO (Haer. 78; contro gli
antidicomarianiti). BASILIO osserva: "Gli amici di Cristo non tollerano di
udire che la madre di Dio cessò di essere vergine" (Hom. in s. Christi
generationem, n. 5). Cfr. GIOVANNI DAMASCENO, De fide orth. 14. S. th. 111,
28, 3.
Dal IV secolo in poi i Padri, quali S. ZENO DI VERO (Tract. I, 5, 3; II, 8,
2), AGOSTINO (Sermo 196, 1, 1; De carud. 22, 40), PIETRO CRISOLOGO (Sermo
117) esprimono i tre momenti della verginità di Maria in formule come: Virgo
concepit, virgo peperit, virgo permansit (AGOSTINO, Sermo 51, 11, 18).





II. TESTIMONIANZE BIBLICHE
Sulla verginità di Maria " nel parto ", troviamo testimonianze discrete sia
nell'Antico che nel Nuovo Testamento.

1. NELL'ANTICO TESTAMENTO
Abbiamo il celebre vaticinio di Isaia al Re Acaz, nel quale viene
preannunziato non solo il concepimento verginale, ma anche il parto
verginale: " Ecco la Vergine che concepisce e partorisce un figlio, e gli
impone il nome di Emanuele " (Is. 7,14).

Secondo la comune esegesi cattolica, l'Emanuele è il Messia e la Vergine la
quale, rimanendo vergine, concepisce e dà alla luce il Messia, è Maria.
Questa ovvia esegesi è stata confermata dal Concilio Vaticano II: " Questa -
dice il Concilio - è la Vergine che concepirà e partorirà un Figlio, il cui
nome sarà Emanuele " (cfr. Is. 7,14; Mich. 5,2-35; Mt. 1,22-23). (Cost. "
Lumen gentium ", Capo VIII, n. 85).

L'importanza di questo testo di Isaia - come ha rilevato il Professor
Laurentin - non consiste tanto nella materialità dei suoi termini
("concepisce e partorisce ") quanto in ciò che lo precede, ossia; la vergine
viene proposta dal profeta Isaia come un " segno " (che non si sarebbero
verificati i perversi disegni dei due Re avversari contro la regia stirpe di
David). Questo " segno ", per adempiere tutta la sua funzione di " segno ",
deve realizzarsi in tutta la sua dimensione, in tutta la sua perfezione (Le
mystère de la naissance virginale, in " Eph. Mar. " 5 [1955], p. 31, nota
79), ossia, non solo nel concepimento, ma anche nel parto del Messia. Che "
segno " sarebbe una donna che concepisce e partorisce nel modo ordinario,
comune? Si tratta, nel contesto, di un " segno " prodigioso.

Ciò posto, i Santi Padri, basandosi sopra un tale testo, hanno esteso un
tale " segno " non solo al concepimento verginale ma anche al parto
verginale dell'Emanuele da parte di Maria Santissima.

IL SINODO MILANESE del 393, ha rilevato che Isaia non ha detto soltanto che
la Vergine " concepirà ", ma anche che la Vergine " partorirà " (37). Perciò
conclude: " Se non si crede alla dottrina dei Sacerdoti, si creda agli
oracoli di Cristo " (ossia, agli oracoli profetici su Cristo).

S. GREGORIO NISSENO, esponendo la profezia di Isaia, scrive che in Maria "
né la verginità impedì il parto, né il parto distrusse la verginità. Era
conveniente infatti che Colui il quale entrava nella vita umana per
conservare gli uomini integri ed incorrotti, traesse i natali col concorso
di una integrità incorrotta " (38). Ancora: " Da lui (Isaia) hai conosciuto
una madre vergine, una carne senza padre, un puerperio senza dolore, un
parto senza macchia " (39).

S. EPIFANIO, esponendo anche lui la profezia di Isaia, asserisce che la
Vergine " partorendo, fuggì i dolori del parto " e ciò - rileva - è cosa
inaudita (40). Il parto senza dolore, che è una condizione del parto
verginale, viene proposto come un fatto del tutto singolare ed insolito, non
solo mai prima accaduto, ma viene opposto al parto di Elisabetta, che
avvenne con dolore.

Lo stesso S. Epifanie, del resto, altrove, non lascia alcun dubbio sul parto
verginale. Dice infatti espressamente che Cristo, " nel seno della Vergine
realmente generato " è stato " dato alla luce per le vie naturali senza
alcuna turpitudine, sordidezza o macchia " (41).

Alla profezia di Isaia si riferisce anche S. EPREM SIRO quando canta: " Che
la Vergine partorisca / sente (dire) e non crede / lo scriba e
l'investigatore, / perché vede che naturalmente non è affatto possibile /
che partoriscano le vergini: / In Maria la natura fu superata e vinta: /
Ella infatti concepì vergine / e vergine partorì. Per tale via non è
possibile che la natura proceda. / II bambino apparve ed uscì / per la via
dei bambini. / E sua madre fu vergine, / e di prodigio fu Ella ammantata; /
il frutto Ella portò, / e il suo grembo restò sigillato. / Nuova fu quindi
la via per cui procedette / conoscendo il miracolo, concedendo / alla
vergine il parto: / la qual cosa non concede la natura alla femmina " (cfr.
PICCIOTTI G., Inni alla Vergine, traduzione integrale dal siriaco, Roma,
1925, Inno X, p. 22). Ancora: " II glorioso Isaia / chiamò Lui Dio, il
Grande / e lo chiamò Ammirazione / per il prodigio del suo nascimento: /
uscì dal ventre / non di sciogliendo i sigilli della verginità di lei, /
come neppure i sigilli / del sepolcro Egli disciolse uscendo " (ibid., Inno
XI, 6, p. 58).

S. PROCLO DI COSTANTINOPOLI, riferendosi alla profezia di Isaia, asserisce
che la nascita di Cristo fu uguale al concepimento; "Entrò in modo
ineffabile (nel seno di Maria) " ed " uscì in modo ineffabile " dal medesimo
(Or. 1, PG 65, 692).

RUFINO IL SIRO faceva questo ragionamento intorno al " segno " proposto da
Isaia ad Acaz: " Se non fosse rimasta vergine dopo il parto, non sarebbe
affatto da credersi che abbia concepito da vergine " (42). Due cose perciò
ha predetto Isaia: il concepimento verginale e il parto verginale.

S. ISIDORO DI SIVIGLIA rileva che " Si ha il segno, per la novità della
cosa, se una vergine partorisce, ossia, conserva l'integrità. Dicendo
infatti "Dio vi darà un segno", insinua un insigne miracolo, cioè la vergine
che avrebbe partorito: cosa che, indubbiamente, non sarebbe un segno, se non
fosse una cosa nuova. Era necessario infatti che Cristo, per un insigne
miracolo, nascesse secondo la carne da una vergine " (43).

S. TOMMASO raccoglieva e faceva propria questa interpretazione tradizionale
allorché scriveva; " Si deve asserire senza alcun dubbio che la Madre di
Cristo, anche nel parto, fu vergine ". Il profeta infatti non dice soltanto:
" Ecco che la vergine concepisce; ma aggiunge anche: E dà alla luce un
figlio " (44).

Con ragione perciò il P. F. Ceuppens ha concluso: " II dogma della nostra
fede, riguardante la verginità della Madre di Dio sia nella concezione che
nel parto del suo Figlio divino, fu preannunciato in questa profezia di
Isaia, 7,14 " (De Mariologia bìblica, Roma, 1951, p. 38) (44 bis). Anche il
Prof. J. Coppens ritiene che oggetto del vaticinio è la nascita verginale
del Messia (cfr. La prophétie de la Almah, in " Eph. Theol. Lov", 1952, pp.
648-678).

Non si vede perciò come possa sostenersi l'affermazione del Padre Galot,
secondo il quale il parto della Vergine " è prodigioso unicamente in quanto
esso risulta dal concepimento verginale. Il Profeta - dice P. Galot - non ha
in vista certamente un parto il modo del quale sarebbe straordinario. Egli
pensa ad un parto ordinario... ". (La virginité de Marie e la naissance de
Jésus, in " Nouv. Rev. Théol. ", 82 [I960], p. 542). Ma i testi e le ragioni
che sono state addotte si oppongono nettamente ad una tale interpretazione
del celebre testo di Isaia.

Se Iddio, per mezzo di Isaia, avesse voluto esprimere soltanto il prodigioso
concepimento del Messia (come vorrebbe il P. Galot), si sarebbe limitato a
dire: " Ecco che la Vergine concepisce un figlio ", senza aggiungere (come
ha rilevato S. Tommaso) " e partorisce ", indicando così il parto
prodigioso.

Passiamo ora alle testimonianze del Nuovo Testamento.

2. NEL nuovo TESTAMENTO
S. MATTEO esplicitamente (1, 22-23) e S. LUCA allusivamente (1, 31), nei
loro Vangeli, hanno attestato che nella nascita di Gesù si è verificato il
vaticinio di Isaia intorno al concepimento e al parto verginale. Sia il
concepimento sia il parto fan parte del " segno ", ossia, del prodigio
predetto da Isaia; conseguentemente, è da ritenersi prodigioso sia il
concepimento sia il parto da lui predetto.

S. LUCA, inoltre, racconta che Maria " partorì il suo primogenito, lo fasciò
con panni e lo pose nella mangiatoia " (Lc. 2,7). L'Evangelista - medico di
professione - pur rilevando alcuni particolari della nascita di Cristo, non
parla dell'intervento di estranei, dei dolori, ecc.: indizi tutti che si
trattava di un parto eccezionale, come rileverà poi S. Girolamo contro
l'eretico Elvidio: " Ivi - dice il S. Dottore - non vi fu alcuna ostetrica,
nessuna sollecitudine di donnette: Essa stessa (la Vergine) lo fasciò: Essa
stessa fu madre e ostetrica" (45). Sembra perciò che l'Evangelista abbia
voluto alludere delicatamente anche al parto verginale, e non soltanto -
come vorrebbe P. Galot - alle " condizioni di povertà che circondavano la
nascita di Gesù e insieme alla realtà e all'ambito dell'ufficio materno di
Maria " [art. cit., in " Nouv. Rev. Théol. ", 82 [I960], p. 453).

Non sembra esagerato asserire che il parto verginale era nell'animo stesso
dell'Evangelista (46).

Una conferma di questa conclusione si può trovare nella narrazione della
presentazione del Bambino al Tempio fatta dallo stesso S. Luca (Lc. 2,
23-24): " Di poi, compiuti i giorni della loro purificazione (di Gesù, di
Maria e di Giuseppe) secondo la legge di Mosé, lo portarono a Gerusalemme
per offrirlo al Signore, come sta scritto nella legge del Signore: "Ogni
primo nato maschio sia consacrato al Signore", e per offrire in sacrificio,
siccome è detto nella legge del Signore, un paio di tortore oppure di
colombini " (versione del P. A. VACCARI, in " La Sacra Bibbia ", a cura del
Pont. Ist. Biblico di Roma, p. 1876) (47). S. Luca perciò si limita a
raccontare l'adempimento della legge dell'offerta del primogenito a Dio nel
Tempio (48), lasciando completamente nell'ombra la purificazione della
madre, per farci intendere che Ella non aveva contratto, a causa del parto
verginale, l'impurità legale dalla quale avrebbe dovuto essere purificata
(avendo dato alla luce il suo divin Figlio fuori dalle leggi comuni della
natura). Mentre infatti cita espressamente la legge stabilita per la
consacrazione dei primogeniti, il Santo Evangelista tace completamente (e, a
quanto pare, intenzionalmente) la legge della purificazione della donna
legalmente immonda a causa del parto; cita, cioè, il Lev. 12,8: " Un paio di
tortore oppure due colombini ", ma omette le parole che immediatamente
susseguono: "L'uno per olocausto, l'altro per vittima espiatoria; e il
sacerdote espierà per lei, ed ella con ciò sarà monda".

E' poi da rilevare che Alessandro VIII, il 7 dicembre 1690, condannava una
proposizione giansenistica secondo la quale l'offerta da parte della
Madonna, " nel giorno della sua purificazione ", dei due colombini, " uno in
olocausto e l'altro per i peccati ", attesta che " Ella ebbe bisogno di
purificazione e che il Figlio (che veniva offerto) veniva macchiato anche
dalla macchia della madre, secondo le parole della legge " (cfr. Denzinger,
n. 1314).

3. OBIEZIONE DESUNTA DALL'ESPRESSIONE: "APRIRE IL SENO"
Ma il P. Galot, a prova del parto non miracoloso, non verginale di Maria,
adduce l'espressione addotta da S. Luca: " Ogni maschio che apre il seno
materno ": " Omne primogenitum adaperiens vulvam " (Lc. 2, 23). " Egli (S.
Luca) - dice P. Galot - avrebbe evitato questa espressione se avesse avuto
l'idea o ricevuto l'informazione che Gesù, nella sua nascita, non aveva
aperto il seno di sua madre. Lui il quale si prende tanta cura per
informarci bene sul concepimento verginale e sull'operazione dello Spirito
Santo, si sarebbe astenuto da qualsiasi termine che gli sarebbe apparso come
compromettente la verginità di Maria. Nella menzione dell'apertura del seno
materno Egli non vedeva nessun inconveniente né alcun danno " (Art. cit., p.
453).

Ma è necessario tener presente che l'espressione " aprire il seno " ("
aperire vulvam ") usata da S. Luca (e poi, dopo di lui, da alcuni Padri
della Chiesa), non è stata coniata da lui, ma dall'autore del Libro
dell'Esodo e dei Numeri, nell'Antico Testamento.

Inoltre, l'espressione biblica " aprire il seno " (" aperire vulvam ") non
ha, nella S. Scrittura, un significato determinato. Può significare due
cose: " rende feconda " e " nascere ". Così, per esempio, di Lia, la moglie
di Giacobbe, si dice che " il Signore... la rese feconda" (" Dominus...
aperuit vulvam eius " (Gen. 29, 31). Così infatti traduce l'espressione ("
aprire il seno ") P. A. Vaccari S.L: " II Signore... la rese feconda ". Al
contrario, " chiudere il seno " ("concludere vulvam "), significa " rendere
sterile ", infeconda:. Così per es,, Anna, sposa di Elcana, vien presentata
desolata perché il Signore le aveva chiuso il seno ": " Dominus...
concluserat vulvam eius " (1 Sam. 1,5): " metafora ordinaria - spiega P.
Vaccari - per indicare la sterilità della donna " (La Sacra Bibbia tradotta
dai testi originali, con note a cura del Pont. Ist. Biblico di Roma, pp.
82-391, nota 5).

Oltre a significare " fecondità ", l'espressione biblica " aprire il seno "
(" aperire vulvam ") significa anche semplicemente " nascere " (" uscire dal
seno "). Ed è il significato preciso che ha nel nostro testo, sia quello
dell'Esodo (13, 15) sia quello dei Numeri (3, 12). La prescrizione del libro
dell'Esodo infatti viene tradotta così dal celebre ebraicista Prof.
Francesco Scerbo: " Io sacrifico al Signore ogni primo parto maschio " ("
immolo Domino omne quod aperit vulvam masculini sexus "); e quella del libro
dei Numeri viene parimenti tradotta così dal P. Vaccari: " Ecco che io ho
preso tra i figli d'Israele i Leviti in luogo di tutti i primogeniti, di
tutti i primi parti fra i figli d'Israele ": (" Ego tuli Levitas a filiis
Israel prò omni primogenito, qui aperit vulvam in filiis Israel") (ibid.,
pp. 128, 206).

Così poi lo stesso P. A. Vaccari ha tradotto l'espressione biblica " aprire
il seno " riferita da S. Luca: " Ogni primo nato [" quod aperit vulvam "]
maschio, sarà consacrato al Signore " (ibid., p. 1876).

Presa - com'è ovvio - in questo senso, l'espressione biblica non fa e non
può fare alcuna difficoltà.

Anche S. Tommaso da questa stessa interpretazione: " Quella apertura (del
seno materno) non significa l'apertura comune del chiostro del pudore
virgineo, ma significa soltanto l'uscita della prole dal seno della madre "
(49), ossia, la " nascita " del figlio. Quest'ovvia interpretazione
dell'espressione biblica " aprire il seno " (nel senso di ogni primo nato)
s'impone anche per il fatto che, un'interpretazione in senso materiale
proprio (" aprire il seno "), nelle nascite ordinarie non avrebbe alcun
senso, dal momento che l'apertura del seno, in senso materiale, è stata già
fatta per opera dell'unione coniugale. L'espressione biblica " aprire il
seno " perciò non significa altro e non può significare altro che " nascere
".

III. CONFUTAZIONE DEI DUBBI E DEGLI ERRORI
Abbiamo già detto che " l'ipotesi " secondo la quale Maria SS. abbia avuto
altri figli, oltre a Gesù, non solo è " estremamente inverosimile " - come
si è espresso il " Nuovo Catechismo Olandese " - ma è semplicemente eretica,
come appare da vari documenti del Magistero Ecclesiastico nei quali Maria
vien proclamata " sempre vergine ". Essi sono: il Simbolo di Epifanio (cfr.
DENZINGER, 13), il Simbolo di Giovanni II (Epist. " Olim quidem ":
DENZINGER, 201), il Concilio Costantinopolitano II (can. 2, 6, 14:
DENZINGER, 214, 218, 227), il Concilio Lateranense del 649 (cap. 1:
DENZINGER, 429), il Concilio di Lione, nella professione di fede di Michele
Paleologo (DENZINGER, 462) e Sisto IV, nella Costituzione " Grave nimis "
(DENZINGER, 735) eccetera eccetera.

Paolo IV, nella Costituzione " Cum quorundam " del 1555, oltre ad usare
l'espressione " sempre vergine ", condannava coloro i quali ritenevano che "
Maria non abbia perseverato sempre nell'integrità della verginità, prima del
parto, nel parto, e per sempre dopo il parto " (cfr. DENZINGER, 993).

La perpetua verginità di Maria, sia di mente (" virginitas mentis ") sia di
corpo (" virginitas corporis ") è nella predicazione quotidiana della
Chiesa, e perciò è dogma di fede, da accettarsi, non già da discutersi.

Riguardo poi alle varie interpretazioni della domanda rivolta da Maria SS.
all'Angelo (" in che modo avverrà ciò, dal momento che io non conosco uomo?
") escludenti un proposito o voto di verginità anteriore all'Annunziazione,
ci limitiamo a dimostrare come una tale interpretazione: 1) sia contraria al
testo e al contesto, ai quali fa violenza; 2) sia inconciliabile con
l'interpretazione comune tradizionale; 3) le ragioni addotte per sostenerla
sono prive di solida base.

1. L'INTERPRETAZIONE CONTRARIA AL PROPOSITO O VOTO DI VERGINITÀ È CONTRARIA
AL TESTO E AL CONTESTO, AI QUALI FA VIOLENZA.

È risaputo infatti come alcuni Protestanti e razionalisti, tra i quali A.
Harnack (cfr. Zu Lukas 1, 34-35, in " Zeitschr. f. die Neutestamentliche
Wissenschaft " 2 [1901] p. 53-57), han negato l'autenticità della domanda
rivolta da Maria all'Angelo per la semplice ragione che in essa veniva
espresso il proposito di verginità, proposito che - secondo i suddetti -
sarebbe incompatibile col fatto che Maria viene prima presentata come
fidanzata o sposata (Lc. 1, 26). Costoro perciò confermano, senza volerlo,
l'esattezza esegetica della interpretazione tradizionale della domanda
rivolta da Maria all'Angelo. La negazione tuttavia dell'autenticità del
testo non può dirsi cosa scientificamente seria, dal momento che una tale
domanda (Lc. 1, 34) è criticamente certa, poiché si trova in tutti i codici
greci oggi conosciuti (cfr. BARDENHEWER O., Mariae Verkùndigung, in "
Biblische Studien" 10 [1905] p. 8-13).

Data perciò la certezza critica della domanda, passiamo senz'altro ad
interpretarne il senso alla luce del testo e del contesto.

Fin dall'inizio del racconto dell'episodio dell'Annunziazione, S. Luca
presenta la Madonna come una vergine sposata (o fidanzata) a Giuseppe: "
l'Angelo Gabriele fu mandato da Dio... ad una vergine sposata ad un uomo
chiamato Giuseppe " (cfr. LATTEY C., Ad Virginem desponsatam, in " Verbum
Dominio 30 [1952] p. 30-33). S. Luca perciò presenta subito, al suo lettore,
il mistero di una vergine sposata. Se è " sposata " come può ancora dirsi
vergine (per lo meno di mente, di anima)?... E se è " vergine ", come può
dirsi sposata?... Questo mistero di una vergine sposata domina tutto il
racconto lucano (particolarmente poi domina la domanda rivolta dalla Vergine
all'Angelo), che è come un'eco della profezia di Isaia sulla Vergine-Madre
dell'Emanuele, con la quale combacia perfettamente (9).

Sembrano evidenti, dal testo e contesto, i tre punti seguenti:

a) L'annunzio dell'Angelo viene inteso da Maria nel senso di un concepimento
che avrebbe dovuto verificarsi in modo naturale, per opera d'uomo; in caso
diverso, infatti, non avrebbe potuto sorgere l'obiezione relativa alla
conservazione della verginità.

b) Conseguentemente, Maria chiede all'Angelo "in che modo" avverrà un tale
concepimento, dal momento che Ella " non conosce uomo ", nel senso biblico
dell'espressione, ossia, sessualmente (cfr. Gen. 4, 1; 17, 25; 19, 5-6; 38,
26 ecc.): espressione, questa, la quale lascia ovviamente supporre che
Maria, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, aveva deciso di rimaner
vergine con promessa fatta a Dio e ne aveva reso consapevole il suo sposo o
fidanzato Giuseppe.

c) La difficoltà obiettata da Maria non poteva sorgere che da
un'apparentemente seria collisione fra ciò che Dio le aveva ispirato (di
abbracciare, cioè, lo stato verginale) e ciò che Dio le proponeva per mezzo
dell'Angelo (il concepimento di un figlio, in modo, supposto, naturale). Per
questo, ovviamente, chiede all'Angelo; " Come avverrà ciò, dal momento che
io non conosco uomo?... ". Si tratta, evidentemente, di un presente durativo
(che include il futuro), come quando uno dice, a chi gli offre una
sigaretta: " Grazie!... non fumo ", ossia: "Non fumo mai " (e non già: " non
fumo ora, adesso ") (10).

Ne segue perciò che, prima ancora dell'Annunziazione, Maria SS. aveva deciso
di rimanere vergine. Questo è il senso ovvio del testo, considerato nel suo
contesto. E che questo sia realmente il senso ovvio della domanda di Maria,
appare anche dal fatto che alcuni interpreti acattolici le han dato la
stessa interpretazione. Così per es., per citare qualcuno fra i recenti, K.
Rengstorf (in " N.T. Deutsch "). Lo stesso Loisy non ha esitato a scrivere:
" L'asserzione di Maria [" non conosco uomo "] è talmente assoluta che il
sentimento comune degli esegeti cattolici, i quali vi vedono l'intenzione di
serbare in perpetuo la verginità, non può essere qualificato di arbitrarietà
" (Les Evangiles Synoptiques, I, p. 290).

Le interpretazioni contrarie non fanno altro che recare violenza sia al
testo sia al contesto. Ci limitiamo qui alle principali.

1) Incominciamo dalla Sentenza Haugg-Gaechter-Bauer. Secondo questa
sentenza, Maria avrebbe inteso le parole dell'Angelo nel senso che avrebbe
dovuto avere subito (in un futuro prossimo) da S. Giuseppe suo fidanzato, un
figlio, prima ancora di essere introdotta nella casa di lui (seconda fase
del matrimonio ebraico) e perciò piena di meraviglia domanda: " in che modo
avverrà ciò, poiché io (essendo ancora fidanzata) non posso ancora avere
relazioni sessuali col mio fidanzato?... ". Non esprimono quindi le parole
della Vergine un proposito di verginità perfetta, ma solo l'inconveniente di
avere illeciti rapporti coniugali prima dello sposalizio (ossia, prima di
essere introdotta nella casa dello sposo).

In questa sentenza, l'elemento temporale (il futuro prossimo del
concepimento) costituisce il cardine, il fondamento della medesima. Ma un
tale elemento temporale (avere subito, in un futuro prossimo, un figlio da
Giuseppe) non si può in nessun modo dedurre sia dalle parole dell'Angelo sia
dalle parole di Maria.

Non si può dedurre dalle parole dell'Angelo (" Ecco che concepirai e
partorirai un figlio "'); si ha infatti il puro e semplice futuro, senza
alcuna distinzione tra futuro prossimo e remoto. Ne giova addurre esempi
ebraici per provare la propria interpretazione, poiché il testo originale
del Vangelo di San Luca è stato scritto in greco.

E neppure si può dedurre (un tale elemento temporale, il futuro prossimo)
dalle parole di Maria (" poiché non conosco uomo "). Avrebbe dovuto dire: "
poiché adesso non conosco uomo "; dicendo invece: " poiché non conosco uomo
", negava implicitamente qualsiasi limite di tempo. Per questo i sostenitori
della sentenza che combattiamo si vedono costretti a mutare il semplice "
non (cognosco) " in " nondum [non ancora conosco) ": cosa esegeticamente
scorretta, violenta.

L'interpretazione di Haugg e soci, inoltre, suppone che Maria abbia veduto
nelle parole dell'Angelo un invito a rare una cosa illecita.

Ciò posto, logicamente chiediamo: o Maria aveva riconosciuto che l'Angelo le
parlava a nome di Dio, oppure sospettava di lui. Nel primo caso (se
riconobbe che l'Angelo le parlava a nome di Dio) era chiaro che Iddio non
vedeva nulla di illecito nella derogazione ad una consuetudine umana; in
questa ipotesi perciò, la domanda di Maria all'Angelo sarebbe stata
superflua, puerile. Nel secondo caso (se Maria temette che l'Angelo delle
tenebre, Satana, si fosse presentato a Lei come angelo di luce per
ingannarla) la Vergine avrebbe sicuramente evitato di rivolgergli alcuna
domanda, ossia, avrebbe troncato ogni dialogo con lui, ben conoscendo le
conseguenze letali del dialogo di Eva col serpente infernale.

2) La sentenza del P. J. Paul Audet O.P. Questa sentenza suppone che Maria
SS. avrebbe capito, dalle parole dell'Angelo, di essere la Vergine-Madre
dell'Emanuele predetta da Isaia (7, 14) e perciò avrebbe chiesto all'Angelo:
" In che modo avverrà ciò, dal momento che la Vergine-Madre predetta da
Isaia non deve conoscere uomo..., mentre io mi sono sposata per conoscerlo?
".

Secondo il P. Audet, la profezia di Isaia " aveva di già attirato
l'attenzione della fede comune " (art. cit., p, 363). Ma è un'asserzione,
questa, - come ha rilevato P. Pietro della Madre di Dio, art. cit., p. 303 -
priva di solido fondamento. G. Schmid ha scritto: " L'idea che il Messia
sarebbe nato da donna vergine senza padre umano, ed il significato
messianico della parola di Isaia, relativa al figlio di una vergine, era
completamente estranea al giudaismo. Anche la parola di Maria, riferita da
Luca 1, 34 ed attaccata dalla critica, risponde al punto di vista di questa
fede generale giudaica, secondo la quale il Messia non sarebbe venuto al
mondo in modo diverso dagli altri uomini " (L'Evangelo secondo S. Luca.
Trad. dal tedesco da P. Rinaldi, Brescia, Morcelliana, 1957, p. 65). Questa
asserzione dello Schmid è confermata da S. Girolamo e da altri studiosi
specialisti.

S. Girolamo ci fa sapere che (ai suoi tempi, naturalmente) nessun rabbino
aveva interpretato il vaticinio di Isaia in senso messianico (PL 24, 109).
Studi recenti hanno confermato pienamente l'asserzione di S. Girolamo. Anche
Billerbeck (Kommentar zum NT. aus Talmud und Midrash, vol. I, p. 75) ed
Edersheim (The life and Times of Jesus, vol. II, London 1901, p. 724) non
sono riusciti a trovare " neppure un dottore giudeo che abbia inteso il
vaticinio in senso messianico " (cfr. PRAT F-, Jésus Christ, Paris 1933,
vol. I, p. 48, n. 2). Recentemente poi il P. Bonsirven non esitava a
scrivere: " L'Emmanuel d'Isaie 7, 14 est pareillement applique, et cela dans
les textesrecents, soit a un fils d'Isaie, soit a Ezéchias " (Le Juddisme
palestinien au temps de J. Ch., vol. I, Paris 1935. p. 366). Crolla perciò
il fondamento stesso della sentenza del P. Audet.

3) La sentenza di Munoz Iglesias. Riguardo a questa sentenza, P. Zerwick,
dopo averla esaminata, ha concluso dicendo: " l'esistenza di qualche genere
o meglio, schema letterario, e l'uso del medesimo da parte di S. Luca
nell'Annunziazione di Maria - tenendo innanzitutto presente la gravità della
cosa - non sembra sufficientemente provata. Ed infatti: 1) le leggi che si
ritengono reggere quel genere letterario vengono enunziate in modo diverso
dal P. Audet (cfr. Fr. Pietro della Madre di Dio!) e da Munoz Iglesias; 2)
sono soggette (tali leggi) a troppe eccezioni; 3) per lo più si spiegano per
la natura stessa delle cose anziché dagli esempi ad esse soggiacenti; 4) non
sembra che vi sia un motivo sufficiente per stabilire un genere letterario
così precario, dal momento che l'interpretazione storica non presenta alcuna
vera difficoltà " (art. cit., p. 284).

Tutti i fautori delle sentenze escludenti in Maria il proposito o voto di
verginità prima dell'Annunziazione, ritengono che con ciò non si deroga
affatto alla perfezione di Maria SS. E per provare ciò asseriscono che la
perfezione consiste nella perfetta conformità alla volontà di Dio, e sotto
questo aspetto - dicono - non vi è alcuna differenza tra colui che abbraccia
lo stato matrimoniale e colui che abbraccia lo stato verginale. Ma
l'equivoco è evidente, Supposto infatti lo stesso grado di uniformità della
propria volontà alla volontà di Dio (ceteris paribus), non ne segue che vi
sia, oggettivamente la stessa perfezione nell'abbracciare il matrimonio e
nell'abbracciare la verginità. Si viene perciò a derogare alla oggettiva
perfezione di Maria negandole il proposito o voto di verginità per
attribuirle il proposito del matrimonio e dell'uso del medesimo, ossia,
negandole la " verginità della mente " (pur continuando a proclamarla - non
si vede con quale logicità - la vergine per antonomasia, la " Regina delle
vergini ").

2. L'INTERPRETAZIONE CONTRARIA AL PROPOSITO O VOTO DI VERGINITÀ È
INCONCILIABILE CON L'INTERPRETAZIONE TRADIZIONALE.

Suddividiamo l'esposizione in tre tappe: 1 ) dal sec. IV al sec. XVI
(periodo di pacifico possesso); 2) nel sec. XVI (periodo dell'opposizione da
parte della pseudo-Riforma); 3) dal sec. XVII al sec. XX.

1 ) Dal sec. IV al sec. XVI. Si suoi dire e ripetere che il primo a vedere
nella domanda di Maria all'Angelo un proposito o voto di verginità
(anteriore all'Annunziazione) sia stato S. Agostino. Non è esatto. Prima di
S. Agostino vi è stato S. GREGORIO NISSENO (+ 394) nell'Oratio in diem
natalem Christi, che non pochi e valorosi critici attribuiscono a lui. Dice:
" Ascolta la pudica voce della Vergine. L'Angelo le annunzia il parto; ma
Ella aderisce alla verginità e ritiene di anteporre l'integrità all'angelico
detto, di modo che ne nega alle parole dell'Angelo la fede, ne recede dal
suo proposito. Io - dice - mi sono interdetta qualsiasi relazione con
l'uomo: "In che modo avverrà ciò dal momento che io non conosco uomo?"... Se
infatti fosse stata sposata da Giuseppe con l'intenzione di aver da lui dei
figli, in che modo all'Angelo che le annunzia un parto, Ella potè portarsi
come dinanzi ad una cosa nuova ed insolita, dal momento che anch'Ella si era
già legata alla legge della natura, per essere un giorno madre? Ma siccome
Ella doveva conservare integro e intatto, come un dono santo offerto, il
corpo a Dio consacrato, perciò dice (all'Angelo): quantunque tu sia un
angelo, e quantunque tu venga dal cielo, quantunque ciò che appare trascenda
la natura umana, tuttavia a me non è lecito conoscere uomo. In che modo,
senza opera d'uomo, io sarò madre? Conosco infatti Giuseppe come sposo, ma
non già come uomo " (PG 1139-1142).

S. AGOSTINO, oltre a parlare di un proposito di verginità, di una
consacrazione di tutta se stessa (anima e corpo) a Dio, parla
esplicitamente, di un " voto " di castità, nell'opera " De sancta
virginitate " (composta nell'anno 401), Egli asserisce che " Cristo ", prima
del suo concepimento, ha scelto, per nascere da Essa (Maria), questa
verginità già consacrata a Dio, Ciò viene indicato dalle parole di Maria
all'Angelo che le annunzia un figlio; " "In che modo - chiede Ella - avverrà
ciò dal momento che io non conosco uomo?". Ella non avrebbe sicuramente
parlato così se non si fosse consacrata come vergine a Dio.

Ma siccome i costumi ebraici non ammettevano ancora un tal voto, Ella fu
data come sposa ad un uomo giusto il quale non le avrebbe rapito con
violenza ma avrebbe piuttosto protetto contro i violenti ciò che Ella aveva
di già votato. E anche se Ella si fosse limitata a dire: "In che modo
avverrà ciò? ", senza aggiungere "dal momento che io non conosco uomo ", la
sua questione avrebbe dimostrato che Ella non si era maritata con
l'intenzione di usare il matrimonio. Colei nella quale il Figlio di Dio
avrebbe preso la forma di schiavo, per miracolo avrebbe potuto ricevere
l'ordine di rimanere vergine. Ma affinché Ella fosse un esempio per le sante
vergini, affinché non si pensasse che avesse dovuto esser vergine Colei
soltanto che aveva meritato di essere, allo stesso tempo, vergine e madre,
Ella consacrò la propria verginità a Dio nel momento in cui Ella ignorava
ancora il futuro concepimento.

In tal modo la vita celeste sarebbe stata imitata in un corpo mortale e
terrestre, e ciò per mezzo di un voto, non già per mezzo di un precetto; per
amore di una predilezione, non già per mezzo di un'obbligazione " (De sancta
virginitate, 4, 4 PL 40, 398; cfr. anche PL 38, 1097 e 1318; 44, 420).

APONIO (del sec. V o VI) rilevava: " Se Maria non avesse avuto la volontà di
conservare la verginità, non avrebbe detto: "In che modo avverrà ciò dal
momento che non conosco uomo?" " (in Cant. Cantic., L. IV, presso S. Pietro
Canisio, De B. M. Virgine incomparabili;.., col. 956).

Nel secolo VI, parecchi apocrifi (espressioni della persuasione comune dei
fedeli di quei tempi) riprendono l'interpretazione data da S. Agostino e da
altri. Così lo pseudo-Matteo ci assicura che Maria " promise a Dio di
rimanere vergine " (cfr. AMANN, art. Apocryphes, in " Dict. de la Bible ",
Supplem.). Un po' più tardi, il Vangelo della Natività di Maria scriveva; "
Ella stessa ha votato al Signore la sua verginità " (ibid.). Lo pseudo
Abdias, Vescovo di Babilonia (sec. VI) precisava che " Ella, per prima,
aveva fatto voto a Dio onnipotente di custodire la verginità" (cfr.
BATIFFOL, art. Abdias, in "Dict. Théol. Cath. ", Frutaz P.A., in " Encicl.
Catt. " I, p, 56),

Nel secolo VII, S. SOFRONIO di Gerusalemme ci presenta Maria in atto di far
presente all'Angelo il suo stato di verginità, per cui gli chiedeva
spiegazioni (in Deip. Annuntiatione, n. 32-36, PG 87, 3258-3263).

All'inizio del secolo VIII, S. BEDA IL VENERABILE asseriva che Maria, nel
suo dialogo con l'Angelo, " espone con rispetto ciò che Ella si è proposto:
Ella ha deciso di condurre una vita verginale. Prima tra le donne, Ella ha
avuto lo zelo di votarsi ad una così grande virtù " (PL 92, 318; cfr. anche
PL 94, 11).

Nel secolo X, GIOVANNI GEOMETRA spiegava diffusamente il voto di verginità
emesso da Maria, come risulta dalla domanda da Lei rivolta all'Angelo (in
Deip. Annuntiat., 15, PG 106, 823-826).

Nello stesso secolo, AIMONE D'AUXERRE, nel discorso " in solemnitate
perpetuae Virginis Mariae " spiegava le parole " non conosco uomo " in
questo senso: "ho deciso di non conoscere uomo ": " id est, ne cognoscerem
disposui " (PL 118, 706A). SIMEONE METAFRASTE fa appello a S. Gregorio
Nisseno e ad altri (Oratio de Sancta Maria, IV, PG 115, 532 ).

Nel secolo XI, S. FULBERTO DI CHARTRES riteneva che Maria, prima fra tutti,
mentre si trovava nel tempio di Gerusalemme (dai 3 ai 14 anni) fece voto di
verginità, prima di qualsiasi altra donna: " virginitatem suam vovens, quod
ante virgo ulla non fecerat " (Sermo V, de Nativ. Marine Virg., PL 141, 325
A). Anche S. ANSELMO DI CANTERBURY rilevava, in Maria, il fermo proposito di
verginità (Homil. IX in Ev.: Intravit Jesus..., PL 158, 645).

Nel secolo XII (verso il 1100) RODOLFO ARDENTE poneva sulle labbra della
Vergine queste parole (parafrasanti la sua domanda): " Io mi sono proposta
di non conoscere uomo " (Homil. in Annunt., PL 155, 1362).

RUPERTO DI DEUTZ componeva una trattazione sull'umiltà, come " causa del suo
voto di verginità " (Liber de laesione virginitatis, cap. VI, PL 170,
55113-552A),

UGO DA S. VITTORE si chiedeva: " Che cosa significa: non conosco uomo? Io ho
il proposito di non conoscere uomo..., di custodire inviolato fino alla fine
l'onore della verginità ". Spiega poi " come mai, non ostante il voto di
verginità, Maria abbia acconsentito ad avere uno sposo " (De B, Mariae
virginitate, PL 176, 857 s.).

S. BERNARDO si domandava: " O Vergine generosa, chi t'ha insegnato che Dio
predilige la verginità? Quale legge, quale prescrizione, quale testo
dell'Antico Testamento impone, consiglia o persuade di vivere nella carne in
modo non carnale e di condurre quaggiù la vita stessa degli angeli?... Solo
la unzione dello Spirito Santo ti istruiva di tutto. La parola di Dio,
vivente e operante, si era costituita tuo Maestro, prima di diventare tuo
figlio; essa aveva istruito il tuo spirito prima ancora di rivestire la tua
carne " (Homil. III super " Missus est ", n. 7, PL 183, 74-75. Cfr, anche PL
183, 80 e 120).

ARNOLDO DI CHARTRES, amico di S. Bernardo, scriveva: "Ella aveva scelto (la
castità), Ella l'aveva votata, e interiormente Ella aveva consacrato al
Signore l'integrità del suo corpo e del suo spirito " (Libellus de laudibus
B. Mariae Virginis, PL 189, 1727C).

ARNOLFO VESCOVO DI LISIEUX, poco dopo, affermava il voto di Maria ed anche
il voto di Giuseppe dopo il fidanzamento. Egli paragona questo matrimonio a
quello di Cecilia (che aveva fatto il voto di verginità) con Valeriane
(Sermo in Annuntiat., PL 201, 172 AB).

ONORIO D'AUTUN asserisce che Maria, " prima fra le donne, votò a Dio la
verginità, e perciò meritò, vergine, la fecondità della somma prole " (De
Nativ. S. Mariae, PL 172, 1001).

Nello stesso secolo XII, GRAZIANO, fondandosi sopra un passo falsamente
attribuito a S. Agostino, insegnava che Maria, prima del suo fidanzamento
con Giuseppe, aveva emesso un voto condizionato di verginità (non già
assoluto), ossia: " propose di rimanere vergine, a meno che Dio non le
avesse rivelato di agire in modo diverso " (Decreti pars II, Quaestio II, C.
III, PL 187, 1393).

PIETRO LOMBARDO, il Maestro delle sentenze, non faceva altro che riprodurre
quasi integralmente questo passo di Graziano, attribuendolo anch'egli a S.
Agostino (In 4 Sent., dist. 30, n. 2).

L'influsso di Graziano e di Pier Lombardo sui teologi posteriori, sia
riguardo al voto di verginità emesso prima dell'Annunziazione, sia sul modo
condizionato (non assoluto) con cui emise un tal voto, fu notevole.

Nel secolo XIII, seguirono la tesi del voto condizionato S. ANTONIO DI
PADOVA (cfr. COSTA B., O.F.M. Conv., La Mariologia di S, Antonio di Padova,
Padova 1950, p. 135), S. TOMMASO D'AQUINO (S. Th. IlI, q. 28, a. 4), il
quale la rese comune tra i Domenicani. Difesero invece il voto di verginità
assoluto S. BONAVENTURA (in 4 Sent., d. 30, a. 1, q. 2, in corpo, Op. IV,
696 a), e SCOTO (Op. Oxon., 4, d. 30, q. 2), seguiti per lo più dalla scuola
francescana, Scoto anzi dimostrava la vanità della distinzione tra voto "
assoluto " e voto " condizionato " nel caso presente per la semplice ragione
che ogni voto viene emesso con la condizione implicita; " se piace a Dio ",
condizione che non rende affatto il voto " condizionato ", ma gli conserva
il suo carattere assoluto. Si tratta perciò di una distinzione praticamente
inutile, e perciò da eliminarsi.

Nei secoli XIV e XV, il voto di Maria prima dell'Annunziazione, assoluto o
condizionato, diviene una dottrina comune nelle scuole di Teologia. Si
andrebbe troppo per le lunghe se si volesse far nomi.

2) Nel secolo XVI. In tutto il primo periodo (dal sec. IV al sec. XVI) non
si conosce esegeta o teologo che abbia negato o anche solo messo in dubbio
il proposito o voto di verginità fatto da Maria prima dell'Annunziazione.

I primi a negarlo sono stati i Riformatori del secolo XVI; Calvino, Teodoro
Beza, i Centuriatori di Madgeburgo, ecc.

Per CALVINO, ammettere in Maria un tale voto, sarebbe ammettere non solo una
cosa senza fondamento, ma anche assurda e ridicola, anzi perfida, degna di
una grave riprensione (Homil. IlI, de B. Virgine; cfr. S. PIETRO CANISIO,
op. cit., col. 652).

TEODORO BEZA, discepolo di Calvino, riteneva che un tale proposito di
verginità, in una donna sposata, è privo di ogni esempio e di ogni
testimonianza. La domanda rivolta dalla Vergine all'Angelo, secondo lui,
avrebbe questo significato: "Siccome in ciò che tu prometti [il concepimento
del Messia] non vi è luogo per la comune e consueta unione matrimoniale,
spiegami in che modo ciò avverrà ". " Egregio figmento - esclama S. Pietro
Canisio - e degno di un tale esegeta! ". Egli infatti suppone, con Calvino,
nella Vergine, la persuasione secondo la quale il Messia avrebbe dovuto
essere concepito in modo prodigioso.

I CENTURIATORI DI MAGDEBURGO han qualificato " inezia " (" ineptum est ")
l'interpretazione data da S. Agostino e da altri alla domanda rivolta da
Maria all'Angelo. " Luca - dicono i Centuriatori - ha attestato che Essa
(Maria) era sposata ad un uomo: cosa che non potè farsi per ischerzo né per
simulazione " [Cent. I, lib. II, cap. 10). " O aristarchi - esclama S.
Pietro Canisio - i quali per dimostrare la propria stoltezza, attribuiscono
inezie ad Agostino, il più splendido luminare della Chiesa " (op. cit., col.
956).

Contro tutti questi Riformatori reagì vigorosamente la ControRiforma
Cattolica, riaffermando concordemente Resistenza di un voto di verginità
fatto dalla Vergine prima dell'Annunziazione e affermando, con maggior
vigore dei secoli precedenti, che la domanda rivolta dalla Vergine
all'Angelo non significava altro che una rinunzia definitiva alla maternità
da raggiungersi nel modo ordinario (con la perdita della verginità). Teologi
ed esegeti difendono strenuamente una tale verità.

Si sono distinti, in questa difesa, S. Pietro Canisio e S. Roberto
Bellarmino. Il Canisio appella "sciocchissimi " (" ineprissimi ") coloro che
negano un tale voto (op. cit., L. II, c. 14, col. 596). Il Bellarmino poi
arriva a dire che senza la supposizione di un voto, " la questione di Maria
sarebbe stata assolutamente sciocchissima ": " ineptissima ", poiché ad una
tale questione " non si può assegnare altra ragione che un voto " [Quinta
controversia: de membrìs Ecclesiae, lib. II, cap. 22).

3) Dal secolo XVII al secolo XX DIONISIO PETAU S.J. (1583-1656) dopo aver
affermato che la Vergine aveva emesso " non già il semplice proposito della
volontà di conservare per sempre la verginità " ma " un vero voto ",
asseriva che era mosso a fare questa asserzione " dall'autorità di
gravissimi Padri e dalla comune autorità di tutti i cattolici ": "
gravissimorum Patrum, et communi catholicorum omnium auctoritate commotus ".
Inoltre, il Padre della Teologia positiva ritiene che gli argomenti addotti
in contrario " sono leggerissimi e di poca importanza ": " levissima sunt,
nec multum negotii faciant " (Dogmata theologica, vol. VI, Venetiis 1724; De
incarnatione lib. XIV, c. 4, pp. 212-215). A lui fa eco il Dottore esimio
Francesco Suarez: " Tra i cattolici - dice il Suàrez - il voto di verginità
è cosa pacifica ": " inter Catholicos concertatio non est " (Summa Theol.,
IlI, 28, 4).

Tra i difensori del voto mariano di verginità figurano S. FRANCESCO DI SALES
(1567-1622) [Entretiens spirituels, 19' entretien: des vertus de saint
Joseph), G.B. BOSSUET (1627-1704) (Elévations sur les mystères, 12' semaine,
V élévation. Cfr. 1° panégyrique de Saint Joseph), e il CARD. PIETRO DE
BERULLE (1573-1629). " Maria - dice il Card. de Bérulle - mentre vive sulla
terra, rapisce i cieli. Un tale spettacolo rapirebbe anche la terra se le
tenebre non le togliessero la vista di una meraviglia così stupenda. Ma
questa Vergine ammirabile presto rapirà Colui che ha fatto il cielo e la
terra... " (Le grandezze di Maria, trad. di M. Andreoletti, Milano 1949, pp.
11-12). " Se Dio deve nascere, vuole nascere da una Vergine, e da una
Vergine di una purezza oltremodo eminente, da una Vergine che sarà la prima
ad innalzare nel mondo il vessillo della verginità..." (ibid., p. 14). Alla
domanda rivolta da Maria all'Angelo, il de Bérulle da questo significato: "
Dio con queste parole vuoi rendere noto all'universo lo stato di perpetua
purezza originale di Colei che Egli sceglie per Madre, e il voto che Ella ha
fatto per divina ispirazione, stato e voto nuovo ed eccellente, che ci viene
rivelato da quelle parole ",

II vostro voto non è un ostacolo alla maternità che l'Angelo vi annunzia; al
contrario, se non foste in tale stato, non sareste adatta ad essere Madre di
Gesù... Dio ha formato nel cuore di Lei quel voto segnalato, sino allora
sconosciuto; perciò Egli medesimo le mette sulle labbra quelle parole che lo
manifesteranno al mondo. Sono queste le prime parole della Vergine che ci
vengono riferite nel Vangelo. Le parole della Vergine sono un Vangelo della
verginità, che la terra annunzia al cielo e la Vergine all'Angelo; Vangelo
che la Vergine e l'Angelo annunziano al mondo " (ibid., pp. 39-42).

Anche nel nostro secolo, i più grandi esegeti riconoscono che questa è
l'interpretazione comune, tradizionale, tra i Cattolici, dal secolo IV al
secolo XX. Così, per esempio, il LEBRETON non ha avuto difficoltà a
scrivere: " In questa parola (come avverrà ciò?) tutta la tradizione
cattolica ha riconosciuto la volontà ferma che aveva Maria di rimanere
vergine; ed effettivamente questa interpretazione s'impone: se Ella avesse
avuto l'intenzione di consumare la sua unione con Giuseppe, la questione non
si sarebbe posta " [La vie et I'enseignement de Jésus-Christ, Paris 1928, p.
18). E il L. LYONNET: " La spiegazione più comunemente ammessa rimane anche
la più verosimile e la più ovvia. Maria... era decisa a rimanere vergine "
(Le récit de l'annonciatìon et la maternité divine de la Sainte Vierge, Roma
1954, p. 7).

Anche J. GRAGHAN (Mary the Virginal Wife and the Married Virgin. The
problematic of Mary's vow of virginity. A dissertation submitted to the
Theological Faculty of the University of Munich. Roma, Univ. Pont.
Gregoriana, 1967, XXIV-275), dopo aver considerato la questione sotto tutti
gli aspetti (esegetico, storico e teologico), è giunto a questa conclusione:
" L'insegnamento comune su di un voto anteriore all'Annunziazione è una
tradizione interpretativa, universalmente accettata fino al nostro secolo ".
Ammette, ciò nonostante, che " questa interpretazione non ha tutte le
condizioni richieste perché vi sia una tradizione. Essa può essere
legittimamente discussa " (p. 106).

Giunti perciò a questo punto, ci si può legittimamente chiedere: questa
interpretazione moralmente unanime (dal sec. IV al sec. XX) della domanda
rivolta da Maria all'Angelo costituisce un'interpretazione autentica di un
tale testo, dalla quale un esegeta cattolico non può ragionevolmente
allontanarsi?...

La risposta affermativa a questa domanda a me sembra. certa. Le ragioni che
si portano (da P. Flanagan, ripetute da CRAGHAN, op. cit., p. 227) non
sembrano convincenti. Si asserisce, infatti: " Nessuna censura è stata
inflitta agli scritti i quali rifiutano l'esegesi comune " (FLANAGAN, art.
cit., pp.107-108). E' vero! Ma... quanti errori, da un pezzo in qua,
circolano liberamente nella Chiesa, senza che siano stati censurati!...
Quale censura (tanto per fare un esempio) è stata mai lanciata contro il P.
Kilsdonk S.J., il quale ha negato apertamente (come abbiamo già detto a suo
luogo) il dogma definito del concepimento verginale di Cristo (attribuendo
il concepimento di Cristo a S. Giuseppe!). Pel fatto che nessuna censura è
stata applicata, ne segue forse che un tale dogma sia di libera discussione?
Cosa strana: se la Chiesa censura gli errori, si grida alla .. repressione
della libertà d'indagine nel campo teologico; se invece, per discrezione,
non li censura, allora si deduce da ciò un argomento in favore dei medesimi
errori, diventando così sentenze discutibili (anche se si tratta di verità
certe).

Si obietta ancora: Pio XII, nell'Enciclica " Sacra virginitas " non parla
affatto (" ne verbum quidem ") " del voto " di verginità di Maria (FLANAGAN,
art. cit., p. 108). Ma anche se non parla di voto di verginità da parte di
Maria (forse per rispettare l'opinione di coloro che preferiscono parlare di
" proposito fermo " anziché di " voto "), Pio XII, nella suddetta Enciclica
(come ammette espressamente lo stesso P. Flanagan) parla espressamente di
Maria come " modello " delle anime consacrate a Dio col voto di verginità.
In che modo Maria SS. Sarebbe stata loro " modello " se non avesse avuto _la
" virginitas mentis "?...

Questa discrezione del Magistero, inoltre, non diminuisce in alcun modo il
valore della tradizione.

Dinanzi ad una tradizione cattolica così imponente ed unanime (di un
millennio e mezzo), il meno che si possa dire è che, per allontanarsi da
essa, si richiedono ragioni molto gravi. E tali non sono certamente- come
vedremo subito - le ragioni fino ad oggi addotte dai negatori del proposito
o voto di verginità da parte di Maria prima ancora dell'Annunziazione.

3. LE RAGIONI ADDOTTE PER NEGARE IL PROPOSITO O VOTO DI VERGINITÀ DI MARIA
NON PRESENTANO UNA SOLIDA BASE.

Tre sono le ragioni fondamentali contro il proposito o voto di verginità di
Maria, vale a dire: 1 ) perché la spiegazione naturale è preferibile a
quella soprannaturale; 2) perché un tale proposito o voto di verginità
sarebbe stato anacronistico, e ciò a causa della mentalità
veterotestamentaria e dell'ambiente ebraico in cui non si pensava ad altro
che al matrimonio e alla maternità; 3) perché Maria era " fidanzata " a
Giuseppe: orbene, il fidanzamento (che equivaleva, giuridicamente, al
matrimonio rato) non avrebbe avuto senso se la fidanzata avesse fatto voto
di verginità, per cui un tale fidanzamento o matrimonio doveva mirare,
anzitutto, all'unione matrimoniale (quantunque non fosse ancora iniziata).

Queste tre ragioni, in realtà, sono molto deboli.

1) L'interpretarne naturale (o naturalistica). Riguardo alla prima ragione,
si può rispondere che non si nega un tale principio (la spiegazione naturale
è preferibile a quella soprannaturale), ma si nega soltanto che si possa
applicare al caso nostro, poiché non si può dare una spiegazione naturale
senza fare grande violenza al testo originale greco, il quale ci manifesta
l'intenzione dell'agiografo, come abbiamo di già ampiamente dimostrato in
forza del testo e contesto.

2) Proposito o voto anacronistico?... Riguardo alla seconda ragione (un voto
di verginità, in quel tempo, sarebbe stato anacronistico) si può concedere
che non si possa parlare di un " voto " di verginità in senso " tecnico ",
come sentendo oggi. Si può e si deve parlare però di un ideale di vita
verginale, nello spirito di una consacrazione totale a Dio.

E' necessario tenere presente che anche nell'ambiente veterotestamentario ed
ebraico, l'idea della castità perfetta o verginale, in uno spirito di totale
consacrazione a Dio, era tutt'altro che sconosciuta. L'ideale della
verginità, infatti, era seguito dagli Esseni, dei quali Plinio scriveva: "
All'ovest (del mar morto)... vi sono gli Esseni: una nazione unica in tutto
l'universo, più meravigliosa di tutte le altre, senza alcuna donna, con la
rinunzia ai piaceri dell'amore, senza denaro, vivente in compagnia delle
palme, giorno per giorno, senza diminuzione... E ciò per migliaia di
secoli... " (11). Pur ammettendo in questo testo delle esagerazioni (la
setta degli Esseni diventa " nazione " [egli ne conta 4.000!] questa nazione
durerebbe da migliaia d'anni!...), da esso si può per lo meno dedurre che la
castità verginale era praticata in alcune comunità maschili (12). Riguardo
poi alle donne, Filone (contemporaneo di Maria SS.) ci fa sapere che nella
setta ebraica dei " Terapeuti " vi erano anche conventi di vergini contigui
a quelli degli uomini, ma separate da un muro (13). Esse, non per
costrizione (come avveniva presso i Greci, per alcune Sacerdotesse), ma per
loro libera volontà, abbracciavano lo stato verginale, e un tale sistema di
vita aveva per scopo di renderle idonee alla contemplazione delle cose
divine (14). Orbene, se l'ideale della verginità veniva tanto apprezzato e
praticato in quel tempo dalle donne ebree, si potrà ancora logicamente
asserire che esso era inconcepibile, anacronistico per Maria?...

Anche un documento di Qumràn ci fa sapere che l'ideale della verginità,
nell'epoca che precedette immediatamente la venuta di Cristo, aveva fatto
grandi progressi ed era vivamente apprezzato dai Giudei più fervorosi.
L'idea che il servizio di Dio esigeva una perfetta castità era molto diffusa
(15). E' perciò " anacronistico " parlare contro la possibilità di un fermo
proposito di verginità da parte di Maria (non già parlare in favore di una
tale possibilità).

Del resto, lo stesso Nostro Signore Gesù Cristo (come ha giustamente
rilevato P. ZERWICK [art. cit., p. 221], meravigliandosi come nessuno vi
abbia ancora fatto caso), presso S. Matteo (19,12), agli Apostoli che
avevano detto: " Se tale è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non
conviene ammogliarsi ", Gesù diede questa risposta:

" Non tutti comprendono questa dottrina, ma coloro soltanto ai quali è dato.
Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal seno della madre; vi sono
eunuchi che sono stati fatti dagli uomini, e vi sono [non dice: "vi
saranno", ma "vi sono"] eunuchi che si fanno tali da se stessi per il regno
dei cicli ", ossia, abbracciano volontariamente il celibato per poter dare
tutto il proprio cuore a Dio, senza divisione e senza le inevitabili
preoccupazioni della famiglia. Questo celibato virtuoso viene presentato da
Gesù non già come una cosa inaudita, anacronistica per quel tempo, ma come
già in atto. ossia, evidentemente, praticato da alcuni.

Cade perciò il fondamento dell'opinione avversaria. Ma anche dato e non
concesso che nell'ambiente veterotestamentario ed ebraico lo stato verginale
non fosse in onore, non ne segue affatto che non dovette essere in onore
presso Maria SS. e il suo verginale sposo. Maria Santissima infatti non fu
un'ebrea qualunque (come si suppone, deplorevolmente, nell'obiezione), ma fu
un'ebrea fuori serie: Ella, infatti, ed Ella sola, fu Immacolata (e perciò
piena di grazia e di doni dello Spirito Santo) fin dal primo istante della
sua esistenza; Ella ed Ella sola fu priva del fomite della concupiscenza
(conseguenza del peccato originale); Ella, ed Ella sola, fu predestinata
alla vertiginosa funzione di Madre di Dio, e perciò ad avere tutti quei doni
e privilegi che la preparavano e la disponevano a sì eccelsa dignità, e ad
essere per sempre " vergine di cuore ", oltreché di corpo (contrariamente a
quanto viene asserito nella strana opinione avversaria); Ella, ed Ella sola
fu particolarmente sensibile alle cose relative al servizio divino, e perciò
non ebbe alcun bisogno di esempi da seguire. Il punto debole di questa
strana opinione sta precisamente qui; considerare Maria SS. alla stessa
stregua di una qualsiasi altra donna ebrea, dimenticando che ci troviamo
dinanzi ad una donna di eccezione, del tutto singolare. Alla base del
proposito o voto di verginità vi è la consacrazione o donazione totale e
perenne a Dio fin dal momento in cui ebbe l'uso della" ragione: cosa che non
si può negare in alcun modo a Colei che era stata destinata ad essere Madre
di Dio. Questa consacrazione assoluta, verginale di Maria a Dio è una
dottrina teologico-patristica che si può far risalire, con molta
probabilità, fin quasi al secolo II, e, con sufficiente probabilità, fino al
tempo degli Apostoli; e può appellarsi con ogni diritto " tradizione " nel
più proprio dei significati: ciò che sempre, ciò che dovunque, ciò che da
tutti è stato tenuto; quantunque non abbia una conferma esplicita e solenne
del Magistero della Chiesa, data la sua perennità e costanza, non avrebbe
potuto conservarsi intatta senza un'unione implicita, però reale, col
Magistero vivo, che è quello che costituisce la vera tradizione cattolica
(cfr. ALONSO J.M., C.M.F., Virgo corde, in "Eph. Mar. ", 9 [1959], pp.
175-228).'

3) II fidanzamento o sposalizio. Riguardo alla terza ragione (il "
fidanzamento " o sposalizio di Maria con Giuseppe è per se stesso
inconciliabile col proposito o voto di verginità), bisogna lealmente
riconoscere che è la più pesante. Se non si ammette, nella vita della Madre
di Dio, una particolare Provvidenza, una tale ragione sarebbe senz'altro
decisiva, ossia, sfavorevole al proposito o voto di verginità. Ma si può
logicamente escludere una tale particolare Provvidenza nella vita della
Madre di Dio? Il matrimonio verginale di Maria con Giuseppe, infatti,
rientrava nel piano sapientissimo della Provvidenza divina, secondo il quale
il Messia Redentore, pur venendo al mondo in modo diverso da quello di tutti
gli altri uomini, doveva tuttavia nascere e crescere in una famiglia
regolare, affinché madre e figlio fossero preservati dal marchio del
disonore (in caso diverso, la madre purissima sarebbe apparsa agli occhi del
volgo una volgare peccatrice, e il figlio un povero illegittimo) e fossero
provveduti nelle necessità della vita. Escludere questa particolare
Provvidenza dalla vita di Maria, significa mettersi, esegeticamente, fuori
di strada. Il matrimonio verginale di Maria con Giuseppe fu, quindi,
innanzitutto e soprattutto, un matrimonio provvidenziale, secondo il piano
della sapienza divina: legge, evidentemente, dimenticata da tutti coloro
che, contro il proposito o voto di verginità, oppongono il matrimonio di
Maria con S. Giuseppe (16).

E' necessario, inoltre, tenere presente che la legge fondamentale della vita
di Maria è questa: abbandono cieco, completo, assoluto di tutta se stessa
alle disposizioni della Provvidenza di Dio, al quale si era tutta donata,
anima e corpo. Si tenga presente che, in quei tempi, una giovane non era
libera di disporre del suo avvenire: i suoi genitori, o coloro che ne
facevano le veci (e che per Lei rappresentavano l'autorità di Dio) erano
coloro che pensarono a unirla in matrimonio; e la Madonna dovette
sottomettersi alla consuetudine comune, in un pieno e fiducioso abbandono
alla Provvidenza divina.

Ci si potrebbe chiedere: sottoponendosi alla consuetudine comune, ossia,
sposandosi, in che modo la Vergine si rassicurò che la sua decisione o voto
di rimanere sempre vergine sarebbe stato osservato?... Il Vangelo - è
necessario riconoscerlo - lascia pienamente nel buio questo punto. Si
possono proporre varie ipotesi. La più ovvia mi sembra questa: San Giuseppe
(l'uomo destinato dalla Provvidenza a Maria), seguendo l'esempio degli
Esseni e, più ancora, l'ispirazione dello Spirito Santo, avrebbe compreso il
valore della verginità; e si sarebbe previamente accordato, con Maria, per
un matrimonio verginale, in funzione (incosciente) della particolare
Provvidenza divina su Maria e sul suo divin Figlio (17).

E' da rilevare, infine, che la Vergine, nella sua domanda all'Angelo, non si
meraviglia pel fatto che le venga promesso subito un figlio (le parole sia
dell'Angelo sia della Madonna prescindono da qualsiasi determinazione di
tempo) ma pel fatto stesso che le venga promesso un figlio: meraviglia che,
in una donna già sposata la quale intende servirsi del matrimonio è
inconcepibile.

A chi perciò obietta: " il fidanzamento o matrimonio non ha senso se la
fidanzata ha il fermo proposito o il voto di verginità ", si può e si deve
rispondere: un tale fidanzamento o matrimonio non ha senso se si tratta di
un matrimonio ordinario, comune (quello che viene supposto dalla
difficoltà), ma non già se si tratta di un matrimonio straordinario, non
comune, qual è quello verginale e provvidenziale di Maria con Giuseppe.

Non sono già le parole di Maria (" in che modo?... ") che vanno interpretate
alla luce del fidanzamento o matrimonio, ma è il fidanzamento o matrimonio
che va interpretato alla luce delle parole di Maria.

Così hanno fatto, recentemente, anche P. LYONNET (Le récit de l'Annonciation
et la maternité de la Sainte Vierge, Roma, 1954, pp. 20-25) e LAURENTIN
[Structure et théologie de Luc I-II, Paris, 1957, p. 163) (18).

La retta esegesi della domanda rivolta da Maria all'Angelo conduce anche
alla verginità di Lei " dopo il parto ". La perfetta santità di Maria
infatti ci garantisce che Ella rimase fedele per tutta la vita al proposito
o voto di verginità risultante dalla domanda riferita da S. Luca (1, 34). Se
aveva fermamente deciso di restar vergine ancor prima ch'Ella sapesse di
essere destinata ad essere Madre di Dio, con maggior ragione (a fortiori)
dovette mantenere una tale ferma decisione dopo che era divenuta Madre di
Dio il quale, con un miracolo singolare, l'aveva conservata vergine nel
concepimento e nel parto.

Non mancano, nei Vangeli, oltre a ciò, alcuni indizi della verginità di
Maria anche " dopo il parto " di Cristo. Ed infatti, Gesù, e Gesù solo, nei
Vangeli, viene presentato come " figlio di Maria " in termini formali o
equivalenti (Mt. 1, 16, 21; 2, 11, 20, 21; Mc. 6, 3;

Lc. 1, 31, 35; 2, 7, 48 ecc.). Inoltre, Maria SS. viene affidata da Gesù
morente a S. Giovanni, il quale " fin da quel momento la prese con sé " (Gv.
18, 25-27): cosa che sarebbe stata assai strana se la madre di Gesù avesse
avuto altri figli. Per cui i cosiddetti " fratelli " e " sorelle " di Gesù
non sono altro che i suoi " cugini " i quali venivano chiamati " fratelli "
o " sorelle ", secondo l'uso orientale. Ciò appare anche dal fatto che due
di coloro che vengono presentati da S. Matteo come " fratelli " di Gesù
(Giacomo e Giuseppe: Mt. 13, 55), dallo stesso S. Matteo vengono poi
presentati come figli di un'altra donna, ben diversa da Maria (Mt. 27, 56).
Lo stesso Renan, dopo aver affermato, nella prima edizione, che la Madonna
aveva avuto altri figli (i cosiddetti " fratelli " di Gesù), nella seconda
edizione della stessa opera si faceva un dovere di fare questa
dichiarazione: " pare che i quattro personaggi nominati come fratelli di
Gesù, fossero suoi cugini germani".
Skog
2005-03-01 14:01:19 UTC
Permalink
Post by Dario
Maria fu vergine prima, durante e dopo il parto.
E poi dai a me del credulone?

Incredibile... credi proprio a tutto.

Posso farti una domanda? quanti anni hai?
Non lo chiedo per infierire, ma sono per curiosità.
La mia domanda ha un fine puramente statistico.
Dario
2005-03-01 14:12:37 UTC
Permalink
Post by Skog
Post by Dario
Maria fu vergine prima, durante e dopo il parto.
E poi dai a me del credulone?
Incredibile... credi proprio a tutto.
Per il mio Dio nulla è impossibile.
Qua stà la differenza tra il tuo e il mio intelletto.
Tu hai la presunzione di voler spiegare tutto razionalmente senza invece
capire che le nostre menti sono piccole e limitate.

Sei ateo o cosa? Cioè la tua mente è capace di mettere dei limiti ad un
eventuale Dio?
Post by Skog
Posso farti una domanda? quanti anni hai?
Non lo chiedo per infierire, ma sono per curiosità.
La mia domanda ha un fine puramente statistico.
Infierire, e su cosa? Vedi che sei ridicolo?
Carletto
2005-03-01 17:15:31 UTC
Permalink
Post by Dario
Per il mio Dio nulla è impossibile.
Qua stà la differenza tra il tuo e il mio intelletto.
Tu hai la presunzione di voler spiegare tutto razionalmente senza invece
capire che le nostre menti sono piccole e limitate.
Io ho la presunzione di voler capire che cazzo vuole dio da me.
Dario
2005-03-01 17:20:24 UTC
Permalink
Post by Carletto
Post by Dario
Per il mio Dio nulla è impossibile.
Qua stà la differenza tra il tuo e il mio intelletto.
Tu hai la presunzione di voler spiegare tutto razionalmente senza invece
capire che le nostre menti sono piccole e limitate.
Io ho la presunzione di voler capire che cazzo vuole dio da me.
Non credo tu stia sulla strada giusta..............

Leggiti i vangeli puttosto, c'è tutto scritto lì e in modo chiaro.
pope
2005-03-02 08:57:34 UTC
Permalink
Post by Dario
Leggiti i vangeli puttosto, c'è tutto scritto lì e in modo chiaro.
AAHAHAHAHAHAHAH

E TU SARESTI QUELLO CHELI HA CAPITI ??????????????


AHAHAHAHAAHHAH

IGNORANTE CREDULONE E PURE CRETINO


AHAHAHAHAHHA
Daniel
2005-03-02 22:54:22 UTC
Permalink
Post by pope
Post by Dario
Leggiti i vangeli puttosto, c'è tutto scritto lì e in modo chiaro.
AAHAHAHAHAHAHAH
E TU SARESTI QUELLO CHELI HA CAPITI ??????????????
AHAHAHAHAAHHAH
IGNORANTE CREDULONE E PURE CRETINO
AHAHAHAHAHHA
Sai che cosa vuol dire essere un lamer, vero?
Daniel
2005-03-02 22:57:44 UTC
Permalink
Post by Skog
Post by Dario
Maria fu vergine prima, durante e dopo il parto.
E poi dai a me del credulone?
Incredibile... credi proprio a tutto.
Posso farti una domanda? quanti anni hai?
Non lo chiedo per infierire, ma sono per curiosità.
La mia domanda ha un fine puramente statistico.
E' una questione di fede, che, tra l'altro continua a creare parecchi
problemi
all'interno della Chiesa Cattolica stessa. I brutto è, che essendo un dogma
(se non mi sbaglio)
non si potrebbe nemmeno dissentire, per quanto alla fine, il concetto di
'sempre verginine'
sia praticamente inutile.
Ragnarok
2005-03-03 00:56:23 UTC
Permalink
Post by Dario
Fatemi sapere se ci sono parti poco chiare
Perchè scrivi verginità in maiuscolo?
Post by Dario
2. Verginità durante il parto.
3. Verginità dopo il parto.
Imene di gomma?
Dario
2005-03-03 02:35:47 UTC
Permalink
Post by Ragnarok
Post by Dario
Fatemi sapere se ci sono parti poco chiare
Perchè scrivi verginità in maiuscolo?
E questo e il massimo sforzo del tuo cervello? Complimenti.
Cmq non ti risulta che in un elenco numerato ad ogni punto si scrive
maiuscolo?
Post by Ragnarok
Post by Dario
2. Verginità durante il parto.
3. Verginità dopo il parto.
Imene di gomma?
Forse, mancandoti gli argomenti, volevi rispondermi con una battuta, ma
sinceramente non l'ho capita, me la spieghi?
Ragnarok
2005-03-03 20:50:40 UTC
Permalink
Post by Dario
Post by Ragnarok
Perchè scrivi verginità in maiuscolo?
E questo e il massimo sforzo del tuo cervello?
Ti ho dato la possibilità di giustificare un errore di ortografia.


Complimenti.
Post by Dario
Cmq non ti risulta che in un elenco numerato ad ogni punto si scrive
maiuscolo?
La perpetua Verginità di Maria......
Elenco?
Post by Dario
Post by Ragnarok
Imene di gomma?
Forse, mancandoti gli argomenti, volevi rispondermi con una battuta, ma
sinceramente non l'ho capita, me la spieghi?
Che non ci arrivavi l'avevo previsto....
Dario
2005-03-03 22:25:39 UTC
Permalink
Post by Ragnarok
Post by Dario
Post by Ragnarok
Perchè scrivi verginità in maiuscolo?
E questo e il massimo sforzo del tuo cervello?
Ti ho dato la possibilità di giustificare un errore di ortografia.
CHE??? Sei patetico..........
Post by Ragnarok
Post by Dario
Post by Ragnarok
Imene di gomma?
Forse, mancandoti gli argomenti, volevi rispondermi con una battuta, ma
sinceramente non l'ho capita, me la spieghi?
Che non ci arrivavi l'avevo previsto....
Si come no. Guarda io non ci sono voluto arrivare perchè se è davvero come
ho pensato io ti conviene bene rivalutare anche le tue conoscenze in campo
medico-ginecologico.
Franco Santin
2005-03-03 12:04:21 UTC
Permalink
Post by Dario
Fatemi sapere se ci sono parti poco chiare (non dovrebbero), ma copiare e
riscrivere vari parti di alcuni libri non è mai cosa agevole, soprattutto ad
ora tarda.............
Molti film attestano che Babbo Natale vola sulla slitta tirata dalle renne
portando doni: dunque sicuramente Babbo Natale vola sulla slitta tirata da
renne e porta i doni!
Con qualunque nome li chiami "padri della chiesa" "evangelisti" hanno sempre
la stessa sostanza: TRUFFATORI! Truffatori che spacciano illazioni per
prove!
Che merda!

da: http://it.groups.yahoo.com/group/paganesimo/
Franco Santin
Dario
2005-03-03 14:46:52 UTC
Permalink
Post by Franco Santin
Post by Dario
Fatemi sapere se ci sono parti poco chiare (non dovrebbero), ma copiare e
riscrivere vari parti di alcuni libri non è mai cosa agevole,
soprattutto
Post by Franco Santin
Post by Dario
ad
ora tarda.............
Molti film attestano che Babbo Natale vola sulla slitta tirata dalle renne
portando doni: dunque sicuramente Babbo Natale vola sulla slitta tirata da
renne e porta i doni!
Come al solito non riesci a fare nemmeno un paragone...........
Post by Franco Santin
Con qualunque nome li chiami "padri della chiesa" "evangelisti" hanno sempre
la stessa sostanza: TRUFFATORI! Truffatori che spacciano illazioni per
prove!
Prove che non potrai mai negare, rassegnati..........
Post by Franco Santin
Che merda!
Che cafone! La mamma non ti ha insegnato che non si dicono le parolacce?
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